La giornata del gatto in Italia: perché ricorre ogni anno il 17 febbraio?
Nel Tamra Maew o “Libro delle poesie dei gatti“, testo preziosissimo custodito nella biblioteca della città di Bangkok, si legge una storia suggestiva.
La storia narra che l’anima delle persone che nel corso della loro vita avevano raggiunto massimi livelli di spiritualità, una volta che il corpo cessava di vivere, si trasferiva nel corpo di un gatto.
Reincarnarsi in un gatto dava facoltà all’anima del defunto di ascendere ad una dimensione illuminata.
Un mito indù narra che nella sua sesta reincarnazione il gatto diventa un guru e cerca un discepolo tra gli umani, preferendo di solito un intellettuale o un artista.
Non è necessario attingere ai testi buddisti né ai miti induisti per capire che i gatti (come tutti i viventi non umani) sono creature dotate di spiritualità.
In Italia come nel resto del mondo, abbiamo ancora bisogno di istituire le giornate nazionali e internazionali per tenerlo a mente.
L’istituzione della giornata nazionale del gatto risale al 1990.
In quell’occasione la giornalista “gattofila” Claudia Angeletti propose un referendum su una rivista di settore chiedendo ai lettori di esprimere la loro preferenza sulla data da dedicare agli amati mici.
La scelta cadde sul 17 per ribaltare l’aura di sventura che circonda questo numero reinterpretandolo, invece, in chiave positiva.
Nel caso dei gatti può il 17 essere visto come “1 vita per 7 volte”, proprio perché ai felini si attribuisce il dono magico di possedere sette vite
Il numero sette è considerato il numero della perfezione: Platone, ad esempio, lo collegava al concetto di eternità.
Per i Pitagorici, invece, il 3 rappresentava l’umanità ed il 4 la divinità.
Dunque, essendo il 7 la somma di questi due numeri, incarna l’unione tra materiale e spirituale, tra mortalità ed immortalità.
Nella realtà dei fatti, i gatti possiedono una sola vita e tocca a noi umani renderla la più memorabile possibile.